Le aree interessate in passato da sfruttamento minerario sono: Mormanno (ossidi di manganese), San Donato di Ninea (cinabro), Lungro (salgemma), Longobucco (galena), Luzzi e Acri (mica muscovite). Le prime due località si trovano nel Pollino e sono legate alla orogenesi alpina del posto. Le ultime due sono legate all’orogenesi ercinica. L’area di Longobucco veniva già sfruttata ai tempi dei Bretti e dei Greci. Si cavava in particolare galena e altri solfuri estraendo anche come elemento minore l’argento. Secondo alcune fonti si estraeva anche l’oro. L’area silana compresa tra Luzzi e Acri veniva coltivata verso la metà del secolo scorso e vi si estraeva mica muscovite e anche feldspato. Si scavava nei filoni pegmatitici e a volte saltavano fuori anche granati e pietre preziose. Alcune cave erano gestite dall’Opera Valorizzazione Sila. A Lungro invece si coltivava il salgemma appartenente alla formazione gessoso-solfifera. Le aree con mineralizzazioni prive o con scarso interesse economico sono disseminate in diversi punti del territorio provinciale. Si tratta in gran parte di mineralizzazioni a solfuri come pirite, calcopirite, arsenopirite, sfalerite (blenda) e galena. Sono presenti in nuclei sparsi lungo la Catena Costiera e sui versanti della Sila. A questi minerali, talvolta, si trovano associate le relative alterazioni come azzurrite, malachite, ecc..
Concentrazioni significative di minerali radioattivi sono state rinvenute in Sila in località Fossiata, in prossimità del lago di Cecita. Si tratta di minerali come autunite e torbernite prodotti secondari dalla lisciviazione di un giacimento primario non ancora scoperto. Altri arricchimenti di minerali uraniferi, che hanno probabilmente una genesi comune a quelli della Fossiata, sono state segnalale nel comune di San Giovanni in Fiore. Nelle rocce della Sila sono presenti inoltre cospicue quantità di torio. Si trovano perlopiù in rocce metamorfiche come scisti biotitici granatiferi, noti come kinzigiti.